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domenica 26 agosto 2012

Ricordi di un lettore: Elsa Morante


   Cent'anni fa nasceva Elsa Morante (Roma 18 agosto 1912 – 25 novembre 1985). Ne è passata di storia da quel giorno. “Storia” con la maiuscola e “storie” con la minuscola. In quel lontano 1974 La Storia è stato il primo libro della Morante che ho letto. Frequentavo il quinto ginnasio o il primo liceo classico: o era nell'estate intercorrente, visto che il libro era uscito a giugno?. Era infatti una copia fresca di stampa, un volumone di più di seicento pagine uscito negli einaudiani Struzzi a sole due o tremila lire: non ricordo più e non posso controllare, perché il libro l'avevo avuto dall'amico con cui scambiavamo le letture, ora psichiatra sempre attento alla letteratura. Un prezzo basso voluto dalla scrittrice stessa, perché tutti potessero avere quel libro, anche l'analfabeta per il quale ella scriveva, come più o meno diceva la dedica posta in spagnolo all'inizio. E così anche l'amico poté comprare il volume appena uscito senza aspettare che andasse in economica. E così anche noi potemmo beneficiarne.
"La Storia", una copia del 1974
Alberto Moravia e Elsa Morante
E così potemmo seguire le vicende del piccolo Useppe, che soffriva di epilessia, della sua povera vita nel quartiere di Testaccio a Roma, le peripezie del fratellastro Nino, figlio della stessa Ida, Nino che da fascista diventa partigiano comunista e nel dopoguerra contrabbandiere, in un intreccio appunto tra piccola e grande storia, Grande Storia che culmina nella magistrale e tragica descrizione del bombardamento di San Lorenzo. Roma tutta, e la vita del suo popolo ci passava davanti come in un film. Il realismo poetico della Morante doveva conquistare i giovani lettori che eravamo allora. E la lettura si accompagnava a commenti che ne facevamo tra noi, io, l'amico del libro ma anche mia sorella che dovette leggere la stessa copia dopo di me. E certi passaggi, e certe espressioni – ma quali ora vattelapesca – divennero tra noi proverbiali e ci accompagnarono negli anni successivi. Roma, la storia, la gente, la vita... ecco, il libro fu una potente iniziazione alla vita stessa. Senz'altro anche da quella giovanile esperienza nacque la consapevolezza del forte legame tra letteratura e società, la consapevolezza che la letteratura è essa stessa un fatto politico: prima ancora che da lì a qualche anno lo apprendessimo da Sartre. Un fatto sociale, politico anche quando gli intenti sono meno evidenti, meno manifesti, come poteva essere nella scrittura del marito di Elsa: Alberto Moravia. La cui lettura fu per noi lo stesso fondamentale, e la cui opera non si può rinnegare neanche dopo il declino dei suoi ultimi anni e i libri meno convincenti che continuava a pubblicare sopravvivendo a se stesso come scrittore. E sappiamo che c'è chi considera la Morante più grande di Moravia...

Solo dopo molti anni avrei però letto qualcos'altro di Elsa, solo verso gli anni Novanta sarei arrivato all'altro suo capolavoro: L'isola di Arturo del 1957. In realtà l'avevo iniziato più o meno negli stessi anni Settanta – ne aveva una copia una mia cugina – ma poi l'avevo abbandonato dopo poche pagine, non perché non mi piacesse... ma non ricordo più il motivo. L'avevo iniziato in quella stanza in paese nella quale dopo anni sono tornato a dormire ora. Lo lessi comunque un giorno. E nel mio unico sopralluogo di tre giorni a Procida, con l'amore del tempo, un tassista del luogo, con la sua brava Apecar ci portò sull'itinerario arturiano, oltre che parlarci dei giorni in cui Massimo Troisi girò nell'isola le scene de Il postino (anche qui alle spalle modelli letterari, con Pablo Neruda che politicamente militava nello stesso campo della Morante).
Ora, mentre scrivo qui, a Cefalù, non ricordo quale esemplare de L'isola di Arturo conservo nella mia biblioteca di fronte al Vesuvio. Acquistato in età più avanzata, l'esemplare non ha più il valore “esemplare”, memoriale (esso stesso “memoriale” della passione di leggere), dei primi libri comprati... Ricordo solo che a Procida presi un libro della Morante, ma non so se proprio L'isola o qualcos'altro... Non importa: non si può e non è giusto trattenere tutto: la precarietà della vita deve avere confini nebulosi nei quali portare avanti il nostro corpo, le nostre storie personali.

Cefalù, 26 agosto 2012

Enzo Rega

5 commenti:

geo vasile ha detto...

Esemplare, come di solito, l'amore per i libri nonché la scrittura del prof. Enzo Rega sui libri, questa volta sul grosso romanzo di Elsa Morante, una storia all'italiana che fece storia (magister vitae), un affresco venato di cruento realismo, di sfondi politico-sociali, ma anche di...poesia. Pochissimi letterati, tra i quali Enzo Rega, nel suo inconfondibile stile iniziatico, critico-narrativo, si sono ricordati in Italia della grande scrittrice romana che io mi permetterei di avvicinarla alla parabola del settantenne Isabel Allende.

Enzo Rega ha detto...

grazie, caro Geo. E condivido il tuo paragone con la Allende, come importanza e rilievo che merita la Morante

Marinica Rega ha detto...

una grande scrittrice, un grande libro che ho letto anch'io ai tempi del liceo e ha lasciato un ricordo indelebile
Marinica Rega

rosalba falzone ha detto...

Non sono d'accordo sul realismo di Elsa Morante. Anche nell'Isola di Arturo, che sembrerebbe un romanzo di formazio, l'immaginazione incendiaria, il forte pathos, fanno pensare al modo in cui Rimbaud scriveva, del tutto inattuale, una immaginazione mitica, incendiaria, visionaria.Elsa, come Arturo, è presa da un'inquietudine perenne, che cerca l'atemporalità, forse il subreale. E ci si chiede se, alla fine, Arturo non divenga una specie di Colapesce, il giovane che nuota sotto l'acqua, sotto il reale, come il mito antico di Colapesce.

Vorrei chiedere al prof Rega di porsi il problema del variegato panorama delle scrittrici napoletane, tra le più grandi tra le italiane: Ortese, Ferrante, Ramondino, Cilento, Vera d'Atri, Coppola, Mozzillo. E la morante stessa, che trasse ispirazione nel periodo napoletano e procidano per il suo romazo più intenso. Non ci sono oggi scrittrici simili, anche se alcune di esse fanno parte della nuova generazione. E' un filo che le collega, il filo caotico del ventre di Napoli, del vivere uno accanto all'altro nei vicoli, in quelle strade maestose, cui sempre giungi da ogni parte, dellechiese barocche e gotiche. O è la vicinanza all'emarginazione, ai quartieri, al mescolarsi di profonda spettacolaità e memorie del sottosuolo, dei vicoli omscuri, che s'illuminano in certi momenti. Molti napoletani dei quartieri non hanno mai visto il mare. Eppure l'odore del mare, col soffio del favonio viene portato nelle tamberghe, nei bassi, misto a quello delle pizze fritte, degli scugnizzi che giocano ancora col monopattino fatto da loro, povero come loro.
Chiedo se questo legame tra scrittrici dall'immaginazione incendiaria siano un parto di questa città, perchè non soo raffinate leganti scipite, ma forti e calde, magmatiche. E in Italia non ce ne sono altre a questo livello.

Enzo Rega ha detto...

A Glora Gaetano, ringraziandola per l'attenzione, rispondo che io ho parlato di 'realismo poetico' per Elsa Morante, che è qualcosa di diverso dal 'realismo' sic et simpliciter, mi pare... Riguardo alle scrittrici napoletane, voglio solo dire che di Vera D'Atri, la più recente, che conosco personalmente e che apprezzo, me ne sono ben interessato, presentando in due occasioni il romanzo "Buona, bella, brava", che ho recensito tra l'altro su "L'Indice dei libri del mese"...