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sabato 4 dicembre 2010

Verdini come quelli di allora: "Me ne frego"


ME NE FREGO E LEGGE TRUFFA


Quale sia il livello del dibattito politico e quello della coscienza democratica odierna viene ben esemplificato da un tipo come Denis Verdini che non solo mostra di mal sopportare le regole che un Paese civile deve darsi, ma per di più riecheggia - ammesso che siano le sue testuali parole - anche nel linguaggio quel dispregio di stampo fascista per la democrazia che l'Italia ha conosciuto nel Ventennio. "Ce ne freghiamo" sembra anche esemplificare bene il senso della parola "libertà" per quelli del cosiddetto Popolo delle libertà". Libertà di fare un po' quello che ci pare.
Per quanto mi riguarda, io ho votato contro il maggioritario al tempo del referendum così festeggiato dall'abbraccio di Occhetto e Segni, poi scomparsi, travolti dal mostro cui avevano dato vita. Il maggioritario non mi convinceva un po' per un vecchio postumo "ideologico": mi ricordava la "legge truffa" (così chiamata dalle opposizioni) promulgata il 31 marzo 1953 dal Governo De Gasperi, con Scelba ministro degli Interni: quella legge, poi abrogata, concedeva come premio di maggioranza il 65% dei seggi alla lista o al gruppo di liste collegate che avesse raggiunto il 50% più uno dei voti validi.
Quando si passò al maggioritario con relativo premio di maggioranza (poi previsto anche dal porcellum di Calderoli attualmente in vigore) nessuno ricordò la "legge truffa". PDS in prima fila tra i sostenitori.
Perché allora non ero d'accordo? Come dicevo, per un vizio ideologico: non mi sembrava giusto che venisse falsata la volontà degli elettori, fosse pure per garantire la governabilità. Governabilità che poi non è stata mai davvero garantita, se non per qualche legislazione. Il primo governo Berlusconi cadde per il ribaltone di Bossi (ora, disinvoltamente, i leghisti, riferendosi ai finiani, dicono che non vogliono nessun ribaltone: evidentemente parlano di ciò che conoscono bene, essendo stati per primi "traditori"). Il primo governo di centro-sinistra ebbe tre diversi presidenti del Consiglio; il secondo esecutivo di centro-sinistra è durato due anni ed è caduto per un solo voto contrario: come si ricorderà, quello di Mastella. Essendo stato il nostro non un bipartitismo (con soli due partiti) ma un bipolarismo (con due schieramenti di più partiti), anche nella seconda repubblica spesso i piccoli partiti hanno potuto ricattare le coalizioni delle quali facevano parte.
Il secondo motivo per il quale non ero d'accordo riguardava il culto della personalità che il maggioritario poteva introdurre, e difatti ha introdotto. Nel momento in cui non sono più le idee e i programmi che si fronteggiano, ma delle persone, il cui aspetto fisico addirittura può influenzare l'esito d'una campagna, è chiaro che il personalismo può prevalere. Ed è prevalso. Con un chiaro declino del livello politico e del concetto stesso di politica e di res pubblica, di cosa pubblica.
E con questo si arriva alle accuse di "tradimento" che Berlusconi rivolge a chi lo abbandona. Quando si sceglie direttamente un leader, e il suo governo traballa, questi può continuare sempre a dire che è stato scelto dal popolo, e, anche se sta mandando il paese al tracollo, può "pretendere" di concludere il mandato, altrimenti gli elettori verrebbero scippati della propria decisione. Nella prima repubblica, invece, con tutti i bizantinismi del caso, si poteva revocare la fiducia a un presidente del Consiglio (tanto non era stato nominato direttamente dal popolo) e individuarne un altro, anche magari, come avvenne con Spadolini, di un piccolo partito, se si trattava di personalità autorevole che poteva garantire una efficace mediazioni tra le parti.
Evviva allora il proporzionale, senza premio di maggioranza e senza nomina diretta del popolo.
Anche se ora non so se il ritorno al proporzionale sarebbe auspicabile e praticabile...



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