La notizia è ormai di qualche giorno fa, ma vale la pena tornarci su. Almeno, mio suocero, di Cefalù, un artigiano in pensione che nel suo laboratorio aveva la foto di Falcone e Borsellino insieme - quella famosa -, insiste perché lo faccia.
Si tratta dell'espressione "fango", che il calciatore Fabrizio Miccoli ha usato per Giovanni Falcone in una conversazione intercettata con un boss. Al di là del contesto già grave - questo tranquillo conversare con esponenti della mafia -, e al di là del tardivo pentimento ('doveroso', per un personaggio pubblico, dopo l'indignazione che si è levata), un atteggiamento del genere va stigmatizzato. Ora e sempre.
C'è, nel Paese, un certo lassismo per cui diventa facile lasciarsi andare a esternazioni gravi, senza sentire il peso di ciò che si fa. Per cui c'è chi, su facebook, insulta, alla sua morte, Margherita Hack, con epiteti impronunciabili, solo perché di una certa parte politica e dichiaratamente atea: anche se poi scienziato di grande levatura e rimasta legata al marito per anni e anni (la parola usata nell'insulto riguardava appunto comportamenti 'legati' a questa sfera): quando tanti 'presunti' cattolici hanno comportamenti ben più disinvolti. Oppure, anni fa, spregevoli - e ben poco onorevoli individui - osavano insultare in Parlamento Rita Levi Montalcini che, presente alla sua già veneranda età, si apprestava a votare.
Ma torniamo a Miccoli, e a mio suocero: dillo che protestiamo sia dalla Sicilia che da Napoli.
Ecco fatto.
Falcone, mi suggerisce mia moglie, non è un'icona da portare in processione nelle feste comandate. E' un esempio sempre vivo la cui memoria non va sporcata col fango sollevato da chi calpesta le zolle di un campo di calcio.
Firmato: famiglie Brugnone e Rega
Cefalù-Palma Campania, 7 luglio 2013
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