"Nulla da fare con i servitori," disse ansimando il Saverio mentre si arrampicavano su per l'angusta scaletta a chiocciola. E spiegò come ai servitori, a differenza dei contadini e degli operai, facesse completamente difetto la coscienza di classe. Essi erano, soggiunse, in una posizione molto simile a quella degli intellettuali. Infeudati cioè e parassiti della borghesia. Da un poeta o da uno staffiere non c'era, insomma, da aspettarsi nulla di buono: dal primo perché l'arte è sempre profondamente reazionaria e conservatrice, dal secondo perché servire vuol dire tradire. Ma in una rivoluzione si può ancora trarre qualche utilità dagli intellettuali per fare opera di propaganda; i servitori invece non soltanto sono inutili ma anche dannosi; epperò vanno stroncati senza pietà. Sono i servitori che nelle rivoluzioni disonorano la causa per cui pretendono di militare con atrocità e infami rappresaglie esercitate ai danni dei loro antichi padroni. Dai ranghi dei servitori potevano venire fuori dei carnefici, non degli apostoli. Così il Saverio si vendicava delle manopole di cui l'avevano tempestato le ragazze nella stanza da stiro.
Alberto Moravia, La mascherata, 1941, I edizione "I Grandi Tascabili", Bompiani 1997, pp. 114-115
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