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venerdì 30 dicembre 2016

Per alcune poesie di Anna Santoro, in "Levania" 5

La trama in penombra del giorno

Sono donne normali nel loro mondo di ogni giorno quelle che vediamo affacciarsi, muoversi, o anche ballare, in questi tre testi di Anna Santoro che con ritmo piano le ritrae e ce le consegna. Un epos quotidiano, ma non meno importante (anzi) di vite trascorse spesso in penombra ma che pure sono la trama (più o meno nascosta) del mondo, un mondo alla rovescia o messo sui suoi veri piedi. O meglio, sulle sue gambe vere, come quelle “gambe di gazzella” che insieme con “quel leggero dondolio / dei fianchi” e “quel sorriso” sbalzano in primo piano una sensualità che pur è parte di quella normalità. Normalità di donne il cui lavoro ha scavato solchi nei polpastrelli o che vediamo al loro banco di mercato. O alla propria cattedra di maestra, una maestra che crede di ritrarsi, rinunciando a far la pianista o la cantante, ma che purtuttavia si trova a fare la “solista”, unica com’è per la quarantina di ragazze e ragazzi che volta per volta si succedono di anno in anno, di classe in classe. L’unica donna “intellettuale” la maestra, in questo mondo al femminile, dove forse contano comunque l’intelligenza, la saggezza, anche la bellezza – perché no? –, e anche il pizzico di follia delle ragazze che, abbracciate, inventano nuovi balli ma forse creano, loro, anche il mondo. In semplicità. Quel mondo che senza loro non andrebbe avanti neanche di un giorno. Ciò che resta, ciò che è destinato a durare, sembra qui non fondato dai poeti, come pure qualcuno ha scritto, ma dalle donne, e dai loro passi. Passi di un ballo, questo, che sembrano usciti da un film neorealista, come altre immagini, pur in una certa atemporalità in bianco e nero. Come un film neorealista che restituisce la realtà con i materiali della realtà, questi versi di Anna Santoro rinunciano a effetti speciali, traendoli invece dalle pieghe della vita, pur utilizzando se capita strumenti come la sineddoche che ci dà la parte per il tutto, in questo caso però nominando anche il tutto, e rendendo la sineddoche aggettivante e caratterizzante. Ma sineddoche di tutto il mondo femminile, parte per il tutto, sono le figure, o le singole immagini, che da questi versi emergono. E le “donne dita corte” e le “donne gambe di gazzella” sono anche dettaglio cinematografico (per tornare al registro filmico usato prima): (neo)realistico e simbolico insieme.
(da Levania, rivista di poesia, ottobre 2016)

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