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domenica 27 marzo 2016

PER DONATA DONI, poetessa di Lagonegro e Forlì



Donata Doni

Il 22 novembre 2015 si è tenuta la terza edizione del premio dedicato alla poetessa lucano-romagnola Donata Doni (Lagonegro 1813 - Roma 1972). In attesa della pubblicazione della relazione (rivista ora sotto forma di saggio) che ho tenuto nella precedente edizione - 22 novembre 2014 - in "Italian Poetry Review", ripropongo due brevi scritti relativi a quella seconda edizione

DONATA DONI FA RITORNO A LAGONEGRO, CONTRO IL FEMMINICIDIO
(22 novembre 2014)

È importante che una comunità ricordi, e celebri, le sue espressioni migliori, com’è avvenuto il 22 novembre 2014, quando Lagonegro si è ritrovata intorno alla figura di Donata Doni, al secolo Santina Maccarrone, nata nella cittadina lucana nel 1913 e morta a Roma nel 1972. La manifestazione, fortemente voluta da Agnese Belardi, e realizzata per il secondo anno consecutivo, si è svolta in modo articolato. Da un lato il ricordo della poetessa attraverso i suoi versi, letti in sala, o riascoltati in un filmato proiettato, o riesaminati criticamente. Da un altro un balletto eseguito da un gruppo di giovani: un modo per avvicinare le nuove generazioni al nome della poetessa, e per iniziarli alla sua lettura. Dall’altro, ancora, il premio intitolato a Donata Doni e assegnato a diverse personalità locali e non. Un modo non scontato, dunque, di tributare un omaggio a un personaggio importante. Probabilmente, un convegno accademico non avrebbe attratto nella sala tutto quel pubblico accorso invece numeroso, tanto che alcuni son dovuti rimanere in piedi. Anche se forse sarebbe interessante la stessa formula dell’incontro accademico, nel senso che sarebbe stimolante sentire più studiosi dibattere sull’opera letteraria della Doni per riconoscerle il posto che le spetta nelle nostre patrie lettere. Da un lato dunque la promozione verso un pubblico di lettori, dall’altro l’attenzione degli esperti. Sarebbe bello poi che tutto questo culminasse in una ristampa di tutte le poesie di Donata Doni, magari in un unico volume che permetta di seguire tutta la sua parabola poetica. Così come sarebbe bello si raccolgano gli scritti critici che a lei sono stati dedicati sulla stampa man mano che uscivano i suoi libri. Intanto, Agnese Belardi ha fatto un prezioso punto sulla situazione rendendo note le proprie ricerche in un volume uscito lo scorso anno, “Donata Doni. Una voce ‘oltre’ la vita” (Zaccara Editore). Un punto che tira le fila rispetto al passato e apre al futuro. Nel nome di Donata Doni. E nel suo nome la manifestazione a lei dedicata si è legata al tema del femminicidio. Ricordare questa donna che ha sofferto per amore – come ha detto Agnese Belardi nel suo appassionato intervento – offre l’occasione per ricordare le tante donne che sono state vittime di uomini che non hanno perdonato loro di non riuscire più a sopportare i tanti maltrattamenti, rivendicando così la loro dignità. La manifestazione ha così anticipato la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ufficialmente fissata per 2014 per lunedì 25 novembre. Anche in questo caso, nel nome di Donata Doni, una donna impegnata nella cultura, nell’arte, nel mondo dell’istruzione.

Enzo Rega


Donata Doni - busto eretto a Lagonegro (opera di Franca Iannuzzi)

PER DONATA DONI, POETESSA DI LAGONEGRO
di Enzo Rega

Va senz’altro un plauso al lavoro con il quale Agnese Belardi, insegnante lagonegrese, cerca di portare l’attenzione di lettori e studiosi, lucani e non, sulla poesia e sulla figura di Donata Doni, nata a Lagonegro nel 1913 e spentasi a Roma nel 1972, dopo gli anni fondamentali di formazione a Forlì e gli studi universitari a Padova. Se consideriamo che il padre di Santina Maccarrone (questo il vero nome di Donata) era d’origine siciliana e la madre invece lombarda (con una formazione anche a Napoli), possiamo dire che la nostra poetessa abbia realizzato una propria, personale unità d’Italia. A Donata Doni, Agnese Belardi ha dedicato un libro, Donata Doni. Una voce “oltre” la vita (Zaccara Editore, Lagonegro, 2013), e, finora, due incontri ufficiali a Lagonegro, in gemellaggio con Forlì. Poeti e scrittori importanti come Diego Valeri, Diego Fabbri, Giovanni Titta Rosa hanno riconosciuto il valore letterario della poesia della Doni, in un confronto continuo con il dolore, la morte, Dio, ma anche con la natura, i luoghi prediletti e l’amore. Una tensione, aggiunge Valeri, tra “felicità terrena” e “pace assoluta nella verità” che ricorda, senza voler creare paragoni imbarazzanti, l’oscillazione tra due poli opposti quale quella di un Petrarca. E la poesia della Doni, nei suoi momenti più riusciti, ha un senso classico della misura, una scrittura essenziale, la capacità di universalizzare il proprio personale dolore, nella consapevolezza di una condizione particolare, quale è quella, anche, di chi scrive versi. Pur non dandosi a una mera scrittura ornativa, come è sempre Valeri a chiarire, la Doni rivela la sua profonda preparazione culturale. Anche questa dimensione va sottolineata: una donna “intellettuale” formatasi nella prima metà del secolo, che ha dedicato la propria vita, oltre che alla poesia, anche all’educazione: come insegnante e con la collaborazione, negli anni romani, con il Ministero della pubblica istruzione. Da “allieva prediletta” di alcuni grandi maestri, come il già più volte menzionato Valeri, a “insegnante preferita” di generazioni di allievi. Il libro della Belardi raccoglie, infatti, anche la testimonianze di donne che furono sue studentesse e che non ne hanno dimenticato il magistero. Nonostante il ruolo ufficiale e pubblico ricoperto nella vita, la Doni non ha perso un senso di esistenziale smarrimento, di “inappartenenza” al mondo degli altri, come la “carta dispari” da cui prende il titolo una delle sue ultime raccolte di poesia, vivendo sempre come un “pericolante acrobata dello squilibrio”. Da credente all’interno del mondo cattolico, intraprende un lungo colloquio con Dio, nel quale la sua inquietudine, pur nella fede, non sembra mai appagata del tutto, anche se in una poesia si abbandona nell’abbraccio non con un Dio padre, ma con l’immagine sorprendente di un Dio “bimbo”: abbraccio che ancora di più dà il senso di una struggente dolcezza e lo instilla anche a chi meno sa accostarsi a quella che si chiama “fede”. Nel finale abbandonarsi alla morte incombente (esorcizzandola al contempo nei suoi versi) il richiamo della vita, nell’ultimo anno, è ancora forte in lei: “Eppure la mia voce ti riporta / su queste strade, / ti richiama in questa vita. / L’ombra è dissolta. / Riappare la luce / della tua anima, / riappare la forma del tuo corpo. / Sei nome, vita, respiro”.

Enzo Rega

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