Nella prima giornata, Lello Mazzacane, dell’Università “Federico II” di Napoli ha parlato del Museo, che dovrebbe essere dedicato alla Festa dei Gigli, una struttura museale che dovrebbe nascere con caratteristiche diverse da quelle tradizionali: si dovrebbe trattare di un museo multimediale nel doppio senso di avere la multimedialità al proprio interno e di essere inserito nella rete della multimedialità. Un museo statico dedicato a una festa non avrebbe infatti alcun senso. Luigi Lombardi Satriani della “Sapienza” di Roma ha inserito la festa nolana all’interno di coordinate antropologiche generali, a partire da una citazione da Il passero solitario di Leopardi: «Tutta vestita a festa / La gioventù del loco / Lascia le case, e per le vie si spande; / E mira ed è mirata, e in cor s’allegra». Da qui si può trarre già il riferimento alla comunità, al luogo: lo spazio è uno dei fondamentali elementi kantiani, accanto al tempo: e il tempo della festa è sospensione del tempo ordinario pur indispensabile alla vita. Il guardare e l’essere guardati, il gioco degli sguardi è anch’esso momento topico dell’occasione festiva, come ovviamente l’aspetto ludico. Non secondario, poi, aggiunge Lombardi Satriani, è il motivo economico: la fiera, che si tiene in occasione della festa, serviva ai contadini per vendere prodotti della terra o manufatti. E non secondario ancora l’aspetto gastronomico: in giro per l’Italia, possiamo trovare piatti o dolci tipici legati a una festa particolare. Nelle feste come quella nolana dei Gigli, dove ci si accolla pesanti macchine da festa da portare in giro (vedi i Ceri di Gubbio o Santa Rosa a Viterbo ecc.), diventa poi importante l’esibizione della forza, lo sforzo dedicato a dio, al quale ci si eleva. Mazzacane però nota al riguardo che nella festa nolana si può notare una particolarità: lo sforzo per sollevare e trasportare il Giglio (questa lunga e sottile struttura piramidale rivestita secondo un tema) si traduce poi nel movimento leggero del Giglio stesso che nasconde o fa dimenticare lo sforzo. Francesco Gaeta, dell’Università di Messina, si sofferma poi sulla pericolosità dei tentativi di patrimonializzare beni culturali immateriali come le feste: si tratta cioè del tentativo di portare altrove, nell’intento di valorizzarli e farli conoscere, elementi decontestualizzati e autonomamente estetizzati della festa che però, in questo modo, non rappresentano più nulla. Letizia Bindi, dell’Università del Mo,lise, a questo riguardo osserva che qui si inserisce il compito dello studioso di scienze sociali, quando anche dagli enti locali viene coinvolto come esperto a mettere in campo le proprie competenze: muoversi fra le preoccupazioni di chi vuole promuovere un evento in vista di flussi di denaro e gli intenti dell’Unesco che preme perchè tali patrimoni “immateriali” non vengano snaturati pur nelle sfide del mondo contemporaneo.
[E.R.]
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