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sabato 12 luglio 2008

Il grembiule a scuola: Da Rea a Don Milani alla Gelmini

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Fui abbastanza preveggente quando tempo fa, in un precedente Post (vai a vedere), riportai un passo di Domenico Rea dai suoi ricordi scolastici intiolati Ritratto di maggio in cui lo scrittore napoletano notava come l'uso del grembiule poteva svolgere una fiunzione positiva nascondendo le differenze sociali che i diversi abbigliamenti svelavano e ostentavano. E in una mia appendice riportavo l'analogo parere che Don Milani e la scuola di Barbiana affidavano al celebre Lettera a una professoressa. Sembravano cose di un'altra Italia. Ma una mia alunna, nel sentire di Don Milani nella spiegazione, ribadiva lo stesso concetto. Ed ecco ora la trovata del neo-ministro dell'Istruzione (di nuovo non-più "Pubblica" e nuovamente Miur).
E sul "Corriere della sera-Magazine" del 10 luglio 2008 Gian Antonio Stella (Grembiuli e mascalzoni) commenta l'uscita della ministra: "Viva il grembiulino. La proposta di Mariastella Gelmini di ripristinare un minimo di serietà, di gerarchia e di ordine nella scuola italiana partendo 'anche' dal ritorno al grembiulino è puro buon senso. E quanto è accaduto a Treviso, dove una bambina di dodici anni vendeva le proprie foto erotiche per comprarsi vestiti griffati, lo conferma: meglio tutti uguali, nei vestiti. Poi vinca il migliore nelle pagelle".
Certo, da un lato si può dire che l'uso del grembiule sia solo una forma di ipocrisia, esso maschera ma non annulla le differenze socio-economiche; dall'altro, l'uso generalizzato del grembiule farebbe sì che almeno in classe le differenze sociali, seppur sempre presenti, non sarebbero immediatamente percepite in modo tale che l'autostima dei meno abbienti possa non risentirne... ma, se comparissero anche grembiuli griffati? Come per i democratici jeans: chi ricorda il mitico Fiorucci che negli anni Settanta campeggiava, status-symbol occidentale, da solo nelle vetrine moscovite ancora sovietiche?
La forbice sociale, dunque, come ormai diversi anni fa aveva previsto l'autore de Il secolo breve, Eric J. Hobsbawm, si è di nuovo allargata e, "a passo di gambero", come direbbe Eco, torniamo indietro, addirittura a un'Italia pre-omologazione pasoliniana (Pasolini rilevava come, nell'Italia del boom, abbigliamenti, espressioni, atteggiamenti e comportamenti non permerttessero più di individuare l'origine sociale delle persone). Le ri-acuite differenze sociali si riverberano di nuovo anche nel modo di vestire.
Stella però, virando nel suo pezzo in altra direzione, osserva che non basta il grembiule per ridare fiduca in una scuola che deve riacquistarla in "cose più serie". E addita il nuovo scandalo dei falsi invalidi che nelle graduatorie scolastiche hanno scavalcato gli aventi realmente diritto.
Ciò non toglie che il mondo sembra di nuovo polarizzarsi fra chi ha e chi non ha.
E qualcuno diceva che Marx semplificava troppo...

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