DON MILANI - RICORDI DI UN LETTORE
foto nell'articolo online di "Famiglia Cristiana" 25 giugno 2017 http://www.famigliacristiana.it/articolo/don-lorenzo-milani-chi-era-costui-.aspx |
Il
26 giugno 1967, nella Firenze in cui era nato nel 1923, moriva don Lorenzo
Milani. Sono passati quarant'anni ormai, oggi nel 2017; e nello stesso 1967
usciva, per la Libreria Editrice Fiorentina, a firma Scuola di Barbiana, come
libro collettivo dei suoi allievi del borgo del Mugello, il titolo più celebre
a lui legato, quella Lettera a una
professoressa che tanto scalpore doveva destare nella pedagogia e nella
società italiana. Ma a meno di dieci anni dalla morte, e dall’uscita del libro,
ancora studenti all’ultimo anno di liceo, io e il compagno di tante battaglie a
quei tempi, Pino Ionta, nel 1976 dedicammo una delle prime puntate del nostro
programma radiofonico “Mondocultura” a quello che ora è un classico dell’antipedagogia.
Come ero arrivato a quel libro, ora non saprei dire. Forse dovevo aver letto la
recensione di una ristampa del tempo – e ora infatti il catalogo OPAC SBN mi fa sapere di
una ristampa del 1975 (non ho più quella mia copia, per controllare: prestata,
non mi è più tornata). Dev’essere molto probabile. Ed ero corso ad acquistare
il libro. E così, quando dovevamo progettare le puntate del nostro programma in
una delle prime radio private (radio libere come si diceva allora), noi, appunto
ancora studenti – studenti che pensavano
a una scuola diversa – decidemmo di parlarne, per dedicare la puntata
successiva a un altro classico dell’antipedagogia, il Descolarizzare la società che Ivan Illich aveva pubblicato nel 1971
e che probabilmente da poco doveva essere stato tradotto in italiano.
Ma con ordine. Il nome di don Milani m’era già noto. I miei genitori,
allora, compravano sempre “Famiglia Cristiana”. In un numero avevano recensito Le lettere alla madre uscite nel 1973. A
ben pensarci, già lì dovevo aver trovato riferimenti alla Lettera a una professoressa. La figura di don Milani mi aveva
quindi già colpito da tempo: nel 1973 completavo la terza media e iniziavo il primo
anno del liceo classico. A meno che sul settimanale cattolico non mi fosse
capitato di leggere invece un articolo sulle Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana che risalgono
addirittura al 1970. Ma propendo per l’ipotesi 1973: un articolo che parlava
anche delle altre “Lettere” del sacerdote anticonformista.
Dunque, lettura dell’articolo e poi della Lettera alla professoressa. Quindi, puntata alla radio.
Eccoci di nuovo qui. Se volessi, potrei andare a ripescare il fascicolo
relativo a quelle trasmissioni, con tanto di data. Ma non interesserebbe a
nessuno, se non a me e a Pino. Ci colpiva il modo diverso di far lezione, con
il coinvolgimento diretto degli allievi, nonostante il rigore richiesto ai poveri
ragazzi di montagna, esclusi dalla scuola ufficiale: il libro parte dalla
bocciatura subita da Gianni, che viene paragonato a Pierino, figlio di ricchi e
quindi avvantaggiato in tutto, anche nella scuola. La scuola parla la lingua
dei borghesi, e Pierino sa già parlare la lingua che la scuola vuole da lui. Una
lingua che Gianni, e i suoi compagni, invece non conoscono. Quella di don Milani era
una rivoluzione pacifica, dal basso, incentrata su istruzione e cultura. “Più
parole più idee” si legge nella Lettera. Come
questa prospettiva doveva affascinare degli studenti che allora, a metà anni
Settanta, si avvicinavano a una politica che volevano umanistica, come quella
del giovane Marx. Una politica che, anche a chi si allontanava dalla chiesa
ufficiale, appariva autenticamente cristiana. C’erano i preti operai, c’era l’eco
del Concilio Vaticano II. C’era un mondo che prometteva di cambiare – e che
poi, è vero, è cambiato in tutt’altre direzioni, anche se per un po’ quelle
concezioni, come quelle ispirate a don Milani, hanno contribuito a far
restringere la forbice sociale, che si è poi drasticamente e drammaticamente di
nuovo spalancata. Questo vibrava nelle nostre voci, facendo in diretta quella
puntata. E quella successiva, dedicata a Illich. Ma dai responsabili della
radio eravamo “sorvegliati speciali” già da don Milani: ed ecco che, mentre
parliamo dell’abolizione della scuola ufficiale in nome della scuola diffusa
nella società (la concezione di Illich), ci chiudono il microfono, fanno
partire un disco, e ci convocano fuori dal piccolo studio (l’emittente era in
una vecchia casa della frazione collinare, e uno dei responsabili era venuto su
apposta per noi). Non potevamo continuare così, stavamo attaccando l’allora
partito di maggioranza, la Dc. Ma quale Dc, diciamo noi, Illich vive in
Messico, benché austriaco. Vabbè, ribattono, attaccate il “sistema” (come si
diceva allora), e quindi la Dc. Potevamo continuare il programma, ma cambiare
registro, e per il futuro portare il copione scritto per preventiva
approvazione. Rientriamo nel piccolo studio, e l’angolo della poesia già
preventivato si allarga, improvvisando a braccio, occupando metà puntata per il
poeta Mario Luzi, allora ancora vivo, e che noi leggevamo per conto nostro, al
di là dei programmi scolastici. Viene a proposito, in questi giorni di
dibattito per il tema assegnato agli esami di stato su uno – ai più – “sconosciuto”
Giorgio Caproni. E che noi invece già conoscevamo, pure Caproni: e di lì a poco
mi sarebbe toccato, emozionato, incontrarlo in Toscana.
pagina da Enzo Rega, EducataMENTE. Corso di psicologia e pedagogia Zanichelli 2014 |
Ecco il mio don Lorenzo. Certo, oltre la Lettera a una professoressa, ho letto solo frammentariamente altre
cose sue. Così non potevo farmi mancare il doppio Meridiano con Tutte le opere del priore di Barbiana
appena uscito: sì, ci sono anche Le
lettere alla madre, delle quali potrò leggere altro, oltre i passi citati
nel settimanale del 1973.
Nessun commento:
Posta un commento